Ci sono sempre più evidenze che indicano come inquinamento atmosferico e coronavirus siano collegati tra loro.
Un nuovo studio dell’Università di Harvard suggerisce che le persone che sono esposte agli inquinanti atmosferici per lunghi periodi di tempo potrebbero avere maggiori probabilità di morire di Covid-19.
Sebbene siano necessari ulteriori studi per dimostrare una relazione diretta, gli esperti sostengono che ora non è solo un ipotesi ma è molto probabile che i livelli di inquinamento siano determinanti nell’aggravarsi della patologia.
Sappiamo che respirare aria inquinata per un lungo periodo di tempo aumenta il rischio di soffrire di patologie polmonari, malattie che sicuramente peggiorano le infezioni da coronavirus, mentre l’esposizione a breve termine all’inquinamento comporta un maggior rischio di infezioni polmonari acute.
Per confermare la relazione tra inquinamento atmosferico e Covid-19, tuttavia, sarebbe necessario valutare un numero elevato di pazienti positivi perché le variabili in gioco sono moltissime. Tuttavia, questi dati non sono ancora disponibili e, vista l’urgenza, i ricercatori stanno utilizzando le informazioni in loro possesso.
Nel nuovo studio è stato riscontrato che un leggero aumento dell’esposizione media a lungo termine agli inquinanti, come le polveri sottili, ha aumentato il rischio di mortalità da coronavirus.
Confrontando i tassi di mortalità del coronavirus con le concentrazioni di particolato da 2,5 micrometri, i ricercatori hanno constatato che un sensibile aumento dell’inquinamento atmosferico ( 1microgrammo per metro cubo) è associato a un aumento del 10% circa del tasso di mortalità da Covid-19.
Come era logico pensare, e adesso le evidenze potrebbero confermarlo, un virus che attacca i polmoni e provoca la polmonite virale potrebbe diventare più mortale se i polmoni sono già compromessi dall’inquinamento atmosferico.